CONTRIBUTO in vista dell’Assemblea del Circolo del 6/05/13 – MAURO

Per uscire dal contingente, anche perché ormai ritengo inutile parlare di cosa è meglio fare rispetto a cosa si è già fatto, ma rimanendo collegati a quanto ciò che è accaduto in questi giorni può indicarci, vorrei proporre alla discussione attuale o futura due aspetti che ritengo fondamentali per RIFONDARE Il nostro partito: il partito stato-centrico e il rapporto tra democrazia rappresentativa e democrazia deliberativa (Vedi il documento di Barca scaricabile anche da qui: https://docs.google.com/file/d/0Bw_riUOllMNBZzNuTnFNTkdxNVU/edit?usp=sharing. )

Il primo tema riguarda da vicino cosa intendiamo per partito, o meglio quale pensiamo debba essere la funzione del partito. Se da un lato il partito svolge un’importante funzione di formazione e selezione degli eletti o nominati a vari ruoli amministrativi, dall’altro si sente la mancanza del ruolo di controllo e di proposta nei confronti degli organi di amministrazione della cosa pubblica, siano essi consigli comunali, regionali, parlamento, giunte, o governo.

<<La lontananza dei partiti dalla società, la loro estrema debolezza nell’interpretare bisogni e soprattutto nel portare le ipotesi elaborate o le soluzioni praticate nei diversi luoghi del paese, la loro incapacità di incalzare lo Stato con forza e intelligenza ma anche di dargli fiducia e di verificarne gli impegni, l’ho personalmente avvertita con nitidezza nei mesi di governo come Ministro per la coesione territoriale.>> (F. Barca, 2013)

Il tema riguarda certamente la recente proposta di Renzi di distinguere il segretario del partito dal candidato premier, proposta che condivido, ma si estende a tutti i livelli dell’amministrazione, governo, regioni e comuni, ma anche aziende pubbliche come si diceva prima. Gli svantaggi della situazione attuale sono evidenti, credo. Per molti amministratori sembra che il partito debba essere una sorta di megafono per convincere i cittadini della buona amministrazione dei suoi eletti. Questo significa che il partito, all’interno di un conflitto che vede gli amministratori da una parte e i cittadini dall’altra, cosa che accade non di rado ovviamente, viene immediatamente identificato con l’amministrazione facendo mancare, ipso facto, il ruolo di rappresentanza dei cittadini, delle loro istanze o contestazioni.

Questo non può che portare alla ricerca di altri nella rappresentanza dei propri interessi, e alla perdita di rapporto tra partito e cittadini. Se non sono concorde con un inceneritore, come spesso accade, ma l’amministrazione cittadina decide di avvallarlo, a chi mi posso rivolgere per trovare un luogo in cui le mie ragioni possano avere diritto di essere espresse e ascoltate? Il partito stato-centrico non potrà mai apparire colui che allestisce questo luogo per i cittadini, e nel momento in cui una società diventa abbastanza complessa da non permettere più l’omologazione di tutte le istanze all’interno di un unico contenitore sociale, il partito stato.centrico, il luogo di espressione ed eventuale composizione degli inevitabili conflitti non sarà più il partito, come non è più da tempo, ma saranno altri movimenti, più o meno spontanei, altre forme di aggregazione dei cittadini.

Quando il M5S dice che i partiti sono morti, non credo che come buoni politici si possa semplicemente fare la faccia offesa e accusare a nostra volta il M5S di nefandezze varie. I partiti, come li abbiamo conosciuti fino ad oggi, non svolgono più la funzione che la costituzione demanda loro, o la svolgono male o in minima parte. Al di là di libertà lessicali più o meno simpatiche, la sostanza del discorso non cambia molto.

Il primo banco di prova di questa situazione sarà il nuovo governo: già con il governo passato il partito ha chiesto di tacere/tollerare/capire ai suoi iscritti di fronte alle operazioni sicuramente non molto eque di finanza pubblica, e molti cittadini si sono rivolti altrove, non accettando di tacere/tollerare/capire e non trovando spazio per le loro parole. Con il nuovo governo, se riterrà opportuno non trattare temi scomodi come il conflitto di interessi, il partito farà da catena di trasmissione o di fronte alle istanze dei cittadini che da molti anni chiedono che venga risolto questo problema, aprirà un confronto con loro e darà spazio anche alle loro voci di fronte a quelle, ben più forti e potenti, di un qualunque governo?

Ecco dunque il primo tema che non dovremmo trascurare se vogliamo evitare il continuo e ormai patologico distacco dei cittadini dal partito: e il partito e i suoi eletti sono entità distinte che fanno mestieri diversi, fisiologicamente in frizione, competizione ed anche conflitto tra loro.

Il secondo tema riguarda la dinamica tra democrazia rappresentativa e democrazia deliberativa, a me caro da molto tempo, portato ancor più alla ribalta dagli avvenimenti di queste ultime settimane.

Nella democrazia deliberativa si eleggono, con diverse modalità più o meno valide e condivise, dei rappresentanti che hanno titolo e mandato di agire per conto di chi ha dato il suo voto.

Possono agire in base ad un mandato (programma politico, adesione a determinati valori, ecc.) oppure senza vincolo di mandato (una volta eletti liberi di decidere in coscienza, senza dover rispondere a chi li ha eletti – dettato costituzionale) o qualche forma intermedia tra le due (prassi consolidata – voto vincolato dall’appartenenza politica e voto di coscienza).

L’aspetto importante di questo processo è che le decisioni vengono prese da un gruppo ristretto di persone che possono quindi agire in tempi rapidi e con buone possibilità di trovare mediazioni e accordi. Gli aspetti negativi sono gli stessi, degenerati, di quelli positivi: concentrazione di potere, accordi e comportamenti orientati a interessi privati. Ci vogliono molti sforzi per evitare queste degenerazioni, e nel nostro paese questi sforzi non sembrano sortire effetti particolarmente significativi, anzi sembrerebbe che le degenerazioni stiano costantemente aumentando.

La democrazia deliberativa vuole attivare dei processi partecipati in cui cittadini informati possono discutere e proporre soluzioni a problemi che li vedono coinvolti direttamente. I sondaggi non sono definibili generalmente processi partecipati: per esempio quelli promossi con le quirinarie non hanno le caratteristiche di un processo partecipato, anche se posso offrire a volte utilissime indicazioni. Un sociologo li ha definiti un modo per far chiedere a persone che nulla sanno di un determinato problema, solitamente cogliendole alla sprovvista, di decidere su qualcosa che spesso ben poco li riguarda direttamente, e su cui magari non hanno mai riflettuto.

I processi partecipati sono profondamente intrecciati con la diffusione e comprensione di problemi, con la formazione e informazione connessa. I processi partecipati sono complessi e necessitano di impegno e luoghi di discussione, di tecniche e di persone che seguano il loro corretto svolgimento. Internet offre strumenti molto utili e interessanti ai processi partecipati, ma questi non si esauriscono in rete. (Su questo è possibile vedere le interessanti esperienze promosse da Cottica e riassunte nel suo Wikicrazia http://www.cottica.net/wikicrazia-italiano/)

La caratteristica positiva di tali processi è l’inclusione di cittadini interessati a determinati problemi, coinvolti nella ricerca delle soluzioni migliori possibili e nella costruzione di proposte da presentare agli amministratori. Questa è la sfida allo stato (al consiglio comunale, alla regione) che il partito può lanciare! Inoltre si attiverà lo sviluppo di un reale processo di empowerment delle persone (da elettori a cittadini attivi e consapevoli). L’aspetto problematico riguarda i tempi e spesso la complessità dell’attivazione di tali processi.

Il dibattito, spesso strumentale, tende solitamente ad esacerbare gli aspetti negativi dell’uno o dell’altro modello, mettendoli in contrapposizione e considerandoli inconciliabili. Impropriamente il M5S parla di democrazia deliberativa in contrapposizione a quella rappresentativa, ma ne è assolutamente distante. In merito, invece, è interessante un dibattito che evidenzia come questi due modelli possano convivere, anzi è necessario che convivano, creando una costante tensione tra rappresentatività e deliberazione, questa potrebbe essere una delle caratteristiche degli stati della post-modernità. (Su questo un interessante intervista a Luigi Bobbio, Nadia Urbinati e Pino Ferraris http://www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=1585 )

Qui allora si trova la nuova e vera funzione del circolo.

Non strumento di gestione del partito perché non sfugga di mano agli amministratori, che rimbrottano segretari comunali e provinciali per le proteste spontanee sorte qui e là, per le prese di posizione critica. NON SIETE CAPACI DI GESTIRE IL PARTITO. Che brutta impressione, quanti ricordi aziendali di manipolazione e di sottile o diretta violenza per tacitare il dissenso e normalizzare le idee. Quale triste percorso verso il pensiero unico che non tollera più alcuna forma di dissenso.

Invece il circolo può e deve diventare luogo di partecipazione e discussione, palestra di confronto e elaborazione di idee, perché non è vero che pochi eletti conoscono sempre la migliore risposta da offrire alla comunità (come qualche assessore insiste a credere cedendo all’arroganza del primo della classe). E’ vero invece che le risposte migliori, che non sono buone per sempre e per tutti i contesti, si trovano nel confronto tra molte idee e nella partecipazione di molti interessi. E’ vero invece che le intelligenze sono diffuse in tutta la società, nel mondo del lavoro e nelle associazioni, nelle imprese e nel sindacato, nelle università e nelle scuole. Decidere nella torre d’avorio della propria arrogante solitudine, anzi solitamente in compagnia di un ristretto gruppo di persone, non può che continuare a portare un grande distacco tra il partito e la gente, e non può che favorire il perpetrarsi di gravi errori che danneggiano tutta la collettività.

Offro al dibattito queste mie riflessioni che nulla hanno di originale, ma sono semplicemente un contributo a quella discussione auspicata da Barca.

 Mauro

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